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22 febbraio 2018

INTERVISTA - Valeria Biuso e Anche la morte ascolta il jazz

Cari peccatori, prendete un caffè e mettetevi comodi, oggi conosceremo meglio un'autrice: Valeria Biuso.

Appassionata di letteratura francese e americana, Valeria Biuso si specializza nello studio delle lingue e delle letterature straniere, frequentando l’Alliance française, la Sorbonne di Parigi e l’Università di Pisa. Scrive racconti, disegna e guarda troppi horror e serie tv.

Benvenuta su Peccati di Penna Valeria Biuso! Quando hai scoperto la passione per la scrittura?
Ciao e grazie per l’accoglienza! Il mio amore per la scrittura è nato in adolescenza, periodo in cui m’innamorai perdutamente della poesia, convincendomi di poter scrivere dei gran bei versi.
Qualche anno più tardi, il mio buonsenso mi ha suggerito di virare verso la narrativa.

Qual è stato il tuo primo testo?
Una raccolta di racconti sui toni del macabro ambientati alla fine del XIX secolo francese, ognuno dei quali ruotava attorno a un’ossessione o a un vizio.

Quale genere letterario ti è più affine? Quale invece non riesci a leggere e/o a scrivere?
Amo molto il romanzo psicologico, anche con accenni di satira sociale o tinto da venature horror. Tra i miei romanzieri preferiti ci sono la Nothomb, Kerouac, Céline, De Lillo ed Ellis. Non ho invece un buon rapporto col genere romance e con il fantasy “tradizionale”.

Come è stato il tuo percorso verso la pubblicazione?
Travagliato! È stata la mia agenzia letteraria a occuparsi sia dell’editing che dei contatti con le case editrici. Sebbene fossi preparata ai rifiuti, sono rimasta particolarmente colpita dal motivo: nella maggior parte dei casi il “no” scaturiva dalla scelta di un’ambientazione estera. Ianieri Edizioni ha però creduto nel mio progetto e ha deciso di accompagnarmi nella mia avventura letteraria!


Come è nata l’idea di Anche la morte ascolta il jazz? Cosa ti ha ispirato?
Ho sempre avuto un debole per l’atmosfera americana di metà secolo, tra moda, cinema, musica jazz e controcultura giovanile. Ed è stata proprio quella fascinazione a farmi scattare la scintilla: se mi piace tanto, perché non scriverci qualcosa sopra? Altrimenti, confesso che in quel periodo ero in fase di binge-reading della Beat Generation e guardavo episodi su episodi Mad Men. Saranno stati i troppi messaggi subliminali!

William Brooks è un giovane scrittore alla ricerca d'ispirazione a zonzo per le livide strade della febbricitante e contraddittoria New York della fine degli anni '40. Scrive recensioni per il info.luciacsilver@gmail.com luciacsilver.com escrivere.com Partisan Review, la rivista più radicale della città, e frequenta i locali storici del bebop, costipati da morfinomani, perdigiorno e hipster. L'inaspettato incontro con un lontano parente, l'azzimato e nebuloso Noah Tats, riesce però a scuoterlo dal languore in cui si sentiva da tempo impaludato.

Quanto c’è di te in questo testo?
Più di quanto io voglia ammettere. In ognuno dei personaggi c’è un aspetto della mia persona, spesso negativo. A partire dal protagonista, tipico antieroe del Novecento, in bilico tra apatia e spleen, che racchiude la summa esasperata dei miei peggiori difetti. D’altronde, scrivere è anche una catarsi.

Hai mai affrontato il “blocco dello scrittore”? Come lo hai superato?
Facendo tutt’altro: disegnando, guardando un film, sperimentando in cucina o semplicemente facendo una passeggiata. La mia Musa s’indispettisce spesso, meglio lasciarla sbollire da sola per un po’.

Cosa vuoi comunicare con il tuo Anche la morte ascolta il jazz?
Ho cercato di offrire diversi spunti di riflessione: dal giovanilismo esacerbato, cristallizzato dai suoi propositi rivoluzionari stagnanti, fino alla necessità della fuga attraverso l’oblio dei sensi e l’imbruttimento volontario. Infine, ho voluto insistere, con un pizzico di sarcasmo e nichilismo, sul ruolo dello scrittore in una società minata dai contrasti, suggerendo che un parallelo con quella contemporanea non sarebbe un volo del tutto pindarico.

Cosa pensi del Self-Publishing?
Per me è un argomento controverso. Mi spiego: da un lato capisco bene come in certi casi (quali la trattazione di materie spinose, di saggi brevi o di brani difficilmente catalogabili) il self-publishing rappresenti l’unica via per una collocazione nel mercato editoriale, dall’altro mi rendo conto di quanto il fenomeno abbia portato alla saturazione e alla pubblicazione-lampo di lavori non rifiniti e che necessiterebbero di maggiore editing e attenzione. Quindi, sì all’auto-pubblicazione, ma solo se ben ponderata.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per il momento, m’impegno a promuovere e a presentare il mio romanzo in giro per l’Italia. In futuro, si vedrà!

Grazie a Valeria Biuso per averci dedicato il suo tempo. In bocca al lupo e buona scrittura!

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